DUE LIBRI DA LEGGERE
"L'erba della regina", il nuovo libro di Paolo Mazzarello
Castelnuovo Scrivia (Al)
Paolo Mazzarello è, credo, al suo quarto romanzo costruito
interamente su documenti ben precisi. Paolo, che ha una serie di incarichi importanti, visita presso l’ambulatorio del
“Balduzzi” a Castelnuovo, in qualità di neurologo,
tutti i lunedì dalle 13 alle 18. Già ha tenuto una conferenza qui da noi
incentrata su un romanzo in cui appaiono due castelnovesi (Giuseppe Capitini e Domenico Prandi) per la
famosa beffa del grande verme (1786: la congiura e la
beffa).
L’autore, cresciuto a Mornese, attualmente insegna storia
della medicina all’Università di Pavia, è presidente del sistema
museale di ateneo e direttore del museo per la storia
dell’università. I romanzi sono la sua grande
passione, in cui
collega la storia della medicina con le vicende
umane
Una malattia devastante, un’erba misteriosa, un
guaritore bulgaro e la regina d’Italia sono i quattro protagonisti del romanzo
“L’erba della regina, Storia di un decotto miracoloso”
(Bollati Boringhieri)
che Paolo Mazzarello [nella
foto] ha scritto con grande
passione e curiosità.
Una misteriosa cura bulgara somministrata ai pazienti affetti da encefalite letargica all’ospedale di Pavia, proprio da qui nasce la curiosità di Paolo per l’argomento che lo porta poi a cimentarsi in ricerche impegnate fino ad arrivare al romanzo finito. I viaggi in Bulgaria e Montenegro, gli archivi, i documenti del Cinquecento e di inizio Novecento, quelli in cirillico, è così che si snoda la ricerca avventurosa del docente che svela i segreti di una cura miracolosa. L’atropa belladonna è un’erba dalle moltissime proprietà: rende la pelle liscia, gli occhi lucenti, ma serba anche un veleno che può essere mortale, è la pianta della vita e della morte.
Tutto ha inizio in Bulgaria, all’epoca della fine della prima guerra mondiale, quando un medico, Ivan Raev, scopre che l’encefalite letargica, malattia già descritta in “Risvegli” di Oliver Sacks, che allora colpiva gran parte della popolazione, ha caratteristiche simili alla malattia del sonno degli animali, i sintomi sono svariati dalle convulsioni, al sonno perenne alle paralisi alternate, Raev s’imbatte in una donna malata e nota che facendole bere un infuso di belladonna migliora lo stato di salute, non ha più i sintomi, chiaramente la paziente ha bisogno di eliminare il veleno che questa erba rilascia e il medico trova rimedi anche per questo.
La cura approda ben presto in Italia grazie alla regina, moglie di Vittorio Emanuele III, Elena di Montenegro una donna molto istruita, amante della natura, della vita all’aria aperta e della medicina che viene incuriosita dalla guarigione di un colonnello italiano colpito da encefalite letargica in Bulgaria e curato da Raev. Quando Elena ne viene a conoscenza se ne interessa e contatta il medico, iniziando quindi a ricevere decotti dal dottore bulgaro che li produceva ormai su larga scala;
La cura, approvata dal grande neurologo italiano Giuseppe Panegrossi, inizia a essere somministrata con risultati sorprendenti ed eccezionali, inoltre Elena voleva che il trattamento fosse somministrato anche alle persone che soffrivano per i postumi della malattia, così fu e nel 1934 una sezione del Policlinico divenne il primo Istituto Regina Elena per lo studio e la cura dell’encefalite. Una trama del tutto originale, commovente, magica, scientifica e colorata da personalità e vicende molto curiose.
Una misteriosa cura bulgara somministrata ai pazienti affetti da encefalite letargica all’ospedale di Pavia, proprio da qui nasce la curiosità di Paolo per l’argomento che lo porta poi a cimentarsi in ricerche impegnate fino ad arrivare al romanzo finito. I viaggi in Bulgaria e Montenegro, gli archivi, i documenti del Cinquecento e di inizio Novecento, quelli in cirillico, è così che si snoda la ricerca avventurosa del docente che svela i segreti di una cura miracolosa. L’atropa belladonna è un’erba dalle moltissime proprietà: rende la pelle liscia, gli occhi lucenti, ma serba anche un veleno che può essere mortale, è la pianta della vita e della morte.
Tutto ha inizio in Bulgaria, all’epoca della fine della prima guerra mondiale, quando un medico, Ivan Raev, scopre che l’encefalite letargica, malattia già descritta in “Risvegli” di Oliver Sacks, che allora colpiva gran parte della popolazione, ha caratteristiche simili alla malattia del sonno degli animali, i sintomi sono svariati dalle convulsioni, al sonno perenne alle paralisi alternate, Raev s’imbatte in una donna malata e nota che facendole bere un infuso di belladonna migliora lo stato di salute, non ha più i sintomi, chiaramente la paziente ha bisogno di eliminare il veleno che questa erba rilascia e il medico trova rimedi anche per questo.
La cura approda ben presto in Italia grazie alla regina, moglie di Vittorio Emanuele III, Elena di Montenegro una donna molto istruita, amante della natura, della vita all’aria aperta e della medicina che viene incuriosita dalla guarigione di un colonnello italiano colpito da encefalite letargica in Bulgaria e curato da Raev. Quando Elena ne viene a conoscenza se ne interessa e contatta il medico, iniziando quindi a ricevere decotti dal dottore bulgaro che li produceva ormai su larga scala;
La cura, approvata dal grande neurologo italiano Giuseppe Panegrossi, inizia a essere somministrata con risultati sorprendenti ed eccezionali, inoltre Elena voleva che il trattamento fosse somministrato anche alle persone che soffrivano per i postumi della malattia, così fu e nel 1934 una sezione del Policlinico divenne il primo Istituto Regina Elena per lo studio e la cura dell’encefalite. Una trama del tutto originale, commovente, magica, scientifica e colorata da personalità e vicende molto curiose.
Questo mi ha scritto due
giorni fa Paolo:
“…
Sono alla storia che ho raccontato non attraverso i Savoja, ma dalle notizie che avevo sull'encefalite e sulla
belladonna. Un mio professore
pavese molto anziano, che visse gli ultimi momenti di questa vicenda alla fine
degli anni Quaranta, mi ha messo sulla buona strada. Poi ho scoperto il ruolo da
romanzo che ha avuto la regina Elena e devo dire ho scoperto una personalità
notevole, anche se un po' bizzarra. Direi che nel mio libro tanto risalta la sua
personalità, tanto ne viene sminuita quella del marito.
Almeno questa è l'immagine che ho ricavato dalle molte fonti
utilizzate.
Alla
fine ne è venuta fuori, mi pare, una storia incentrata sul bulgaro Ivan Raev (fino a ora sostanzialmente sconosciuto, io ho trovato
le sue tracce viaggiando in Bulgaria) e, infine, e sulla regina Elena. Sul piano narrativo sono
soddisfatto di questo mio libro perché mette assieme molte cose apparentemente
lontane, la medicina naturale e quella ufficiale, i guaritori popolari e i
medici paludati, il popolo e l'aristocrazia. C'è anche un corollario sul nazismo
perché ho
dimostrato che l'interesse della regina Elena per gli encefalitici fece da
ombrello protettivo in Germania contro l'applicazione delle famigerate
disposizioni di Hitler per l'eliminazione dei pazienti psichiatrici
cronici”.
Il
libro è in vendita da martedì prossimo presso la Libreria Cassinelli.
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Giordano Stella e Silvio Pellico
Tutti noi conosciamo Giordano Stella sia perché per
tanti anni è stato il responsabile dell’Ufficio anagrafe di Castelnuovo, sia per
la decina di libri che ha scritto, quasi tutte biografie di personaggi
religiosi, visti però nei loro aspetti meno conosciuti e nelle varie fasi della
loro vita. Ecco così Giovanni Paolo I, Daniele Comboni, Maria Goretti, Papa Luciani, Don Orione, Papa Pio XI, Pio X e Benedetto
XV. Ma anche i protagonisti di una vicenda misteriosa che va sotto il
nome de “Il fantasma di Alleghe” o i comuni , seppur originali, personaggi della vita di una Castelnuovo
che fu.
Per il 2013 ci regala un altro libro “Silvio Pellico, un cattolico
carbonaro”.
Perché un altro libro su un personaggio che tutti abbiamo conosciuto durante la nostra formazione scolastica,
che gli insegnanti di storia, spiegandoci del Risorgimento mai mancavano di
citare.
Ce lo dice Giordano stesso.
Questo Silvio, gracile, malaticcio, idealista coerente,
cattolico convinto ma non beghino, amico di Ugo Foscolo, rivoluzionario senza
violenza, scrittore efficace, trascinato nella sua vita da due forti passioni
amorose per donne che mai sfiorò, è un personaggio ormai dimenticato, come ci si
dimenticò di lui assai presto, tanto che ai suoi funerali, nel 1854,
parteciparono in quattro gatti: troppo cattolico per i liberali, troppo liberale
per i cattolici!
Giordano ne ripercorre tutte le vicende, soprattutto
quella della terribile prigionia con le catene ai piedi per oltre dieci anni,
vicenda che venne narrata nel libro “Le mie prigioni”,
inizialmente messo all’Indice dalla Chiesa.
Un giudizio lapidario dello storico inglese Bolton King asserisce che “quelle memorie costarono
all’Austria più di una battaglia perduta”.
Se
volete acquistare il libro, ne potete trovare una copia presso l’edicola di Enzo e
Gianna in piazza
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