La politica, il territorio, una economia di rapina
10 ottobre 1970-10 ottobre
2014
Esattamente 44 anni fa fu
un disastro a Genova e il giorno dopo lungo la Valle Scrivia (in 24 ore ben 943
mm. a Bolzaneto, ossia quasi un metro). A Genova mi pare una quarantina di
annegati e da noi in Bassa Valle Scrivia, uno ad Arquata e uno a Castelnuovo.
Quindi la storia delle
“bombe d’acqua” regge solo in parte.
Sempre ci sono stati temporaloni ripetuti e concentrati (basterebbe andare a
vedere i dati dei centri metereologici che sono attivi da parecchi decenni) e
confrontare come si smaltivano un tempo e ora queste masse d’acqua consistenti.
Quel che occorre è partire
da questo punto di partenza e individuare gli interventi opportuni, mettendo in
secondo piano tutto questo cancan sulla tempestività dell’allerta e sulla
burocrazia.
Nel merito vorrei fornirvi
alcune notizie o commenti di ieri, non tanto sull’aspetto tecnico ma su quello
più generale, che mi paiono interessanti
Ferruccio
Sansa
da Il
Fatto Quotidiano del 11/10/2014.
Almeno questa
volta i politici compiano un atto di rispetto nei confronti della Liguria:
restino a Roma. Non vengano ad aggiungere oltraggio a oltraggio. Si facciano
vedere quando i lavori saranno ultimati. Quando tutti i fondi saranno stanziati.
E non stringano con la destra le mani delle vittime, mentre con la sinistra
firmano progetti che preparano la strada a nuove alluvioni. Le nuvole che hanno
devastato ancora Genova sono state prima alimentate da decenni di cattiva
politica, di incompetenza, se non di corruzione. La tragedia di
Genova ci insegna quanto sia fondamentale la politica, che decide della nostra
vita e talvolta, della nostra morte.
È responsabile
dell’alluvione che ha devastato la Liguria chi per decenni ha ricoperto di
cemento le alture liguri (perfino nelle zone a rischio).
È responsabile chi ha
approvato progetti di porticcioli che con i loro moli ostacolano il deflusso
delle acque dei fiumi in piena.
È responsabile chi ha
trascurato la pulizia dei rivi, preferendo opere che consentono inaugurazioni in
pompa magna.
È responsabile –
ci pensi finché è in tempo, presidente Renzi – chi stanzia miliardi per grandi
opere inutili, quando non si trova una manciata di milioni per salvare la vita
dei cittadini. Non esiste solo
la responsabilità penale. C’è anche quella politica. E in fondo quella morale.
Che non accetta prescrizioni né amnistie: te la porti dentro per tutta la
vita.
Gramellini su La Stampa
La sensazione è la solita:
quella di un Paese non governato e forse ingovernabile, dove i cittadini sono
abbandonati a se stessi, la prevenzione è una parolaccia, tutti pensano soltanto
a pararsi il fondoschiena e nessuno chiede mai scusa. Pressappochismo,
disorganizzazione e paralisi burocratica, il tutto condito con una spruzzata di
arroganza. Cambiano le generazioni e, purtroppo, aumenta la frequenza delle
alluvioni, ma il menu di Genova ricorda desolatamente tante altre tragedie
«imprevedibili» che da secoli mettono prevedibilmente in ginocchio questa specie
di Stato.
Antonio Bruno
capogruppo della Sinistra al Comune di Genova
Di nuovo pioggia, di
nuovo lutti, di nuovo danni.
L'allerta non pervenuta dall’Arpal, i piani di emergenza che esistono sulla carta, l'attenzione spasmodica per opere da oltre 6 miliardi di euro per collegare Fegino a Tortona (già collegate d'altronde), non possono far dimenticare quello che dichiara oggi sulle pagine genovesi di Repubblica il presidente dei geologi liguri Carlo Malgarotto ("servono interventi a monte per mitigare la violenza dell’acqua").
Niente di nuovo, a fine degli anni Ottanta si prevedeva di costruire negli affluenti del Bisagno dei Bacini di laminazione (piccole dighe che avrebbero rallentato l'immissione dell'acqua nel Bisagno). Queste opere, insieme al rifacimento (o scoperchiatura) del tratto terminale del Bisagno e alla riforestazione dei versanti avrebbe potuto essere una risposta economica e rapida alle alluvioni.
Invece, i poteri forti hanno scelto la politica delle Grandi opere costose e spesso inutili.
GIORNALI E TV NON NE PARLANO
L'allerta non pervenuta dall’Arpal, i piani di emergenza che esistono sulla carta, l'attenzione spasmodica per opere da oltre 6 miliardi di euro per collegare Fegino a Tortona (già collegate d'altronde), non possono far dimenticare quello che dichiara oggi sulle pagine genovesi di Repubblica il presidente dei geologi liguri Carlo Malgarotto ("servono interventi a monte per mitigare la violenza dell’acqua").
Niente di nuovo, a fine degli anni Ottanta si prevedeva di costruire negli affluenti del Bisagno dei Bacini di laminazione (piccole dighe che avrebbero rallentato l'immissione dell'acqua nel Bisagno). Queste opere, insieme al rifacimento (o scoperchiatura) del tratto terminale del Bisagno e alla riforestazione dei versanti avrebbe potuto essere una risposta economica e rapida alle alluvioni.
Invece, i poteri forti hanno scelto la politica delle Grandi opere costose e spesso inutili.
GIORNALI E TV NON NE PARLANO
A parte un
rapido cenno sulle pagine locali de “La Stampa” e ovviamente sul sito NOTAV
Terzo Valico, nessun servizio televisivo o giornalistico ha spiegato perché il
treno Freccia Bianca (di cui peraltro più nessuno parla - desaparesido) è
deragliato appena fuori Genova. Qui la burocrazia funziona benissimo e approva
tutto e l’allerta non serve perché appena piove si sa già cosa
succederà.
La frana
provocata dal disboscamento a Trasta, in val Polcevera, per la realizzazione del
cantiere del Terzo Valico, il cosiddetto cantiere “Galleria Campasso” in via
Castel Morrone, ha bloccato un Freccia Bianca. La coltre di terra e detriti,
staccatasi dal cantiere, è crollata su quattro vagoni del convoglio Freccia
Bianca, ferendo incredibilmente solo il macchinista, causando il deragliamento
del treno con la fuoriuscita dai binari di numerosi vagoni.
“A Trasta, in
val Polcevera, ancora una volta un fiume di fango dovuto al dilavamento delle
zone disboscate per i cantieri del TAV-Terzo Valico ha invaso la strada
principale, e le immagini allegate al comunicato lo mostrano con evidenza.
Allagamenti e colate di fango diffuse in tutta la Valpolcevera, sia sul lato
destro che sinistro di tutta la vallata. Laddove sorgevano i boschi e le colline
di Trasta e San Quirico, sorgono ora enormi cantieri dell’Alta Velocità, voluti
dallo Stato, con la sentita partecipazione del Comune di Genova, Regione Liguria
e Piemonte, Curia e banchieri corrotti (vedi l’ex presidente
Carige).
Qui, fino
all’anno scorso, vivevano le due colline sopra Via Castel Morrone e Via Tecci,
che giorno dopo giorno vedevano la città avvicinarsi minacciosa sempre più. I
loro boschi saldavano i versanti, impedivano il veloce scorrere dell’acqua, ne
rallentavano la forza. Lì lo Stato, le imprese e le istituzioni hanno avuto la
meglio sulla lotta no tav che da due anni continua con coraggio da Genova fino
al Basso Piemonte. Lì benne, ruspe, trivelle, camion e gallerie hanno sostituito
quelle distese di alberi. E le conseguenze non hanno tardato a presentarsi. Non
è la prima volta che Trasta viene colpita dai fiumi di fango dei cantieri del
TAV, solo pochi giorni fa era successo a San Quirico-Pontedicimo. Così più volte
nell’ultimo anno, così chissà quante altre volte ancora. Questo è solo
l’inizio”.
Chi ancora
avrà il coraggio di dire che le priorità di Genova sono le grandi opere e
l’inutilissimo e costosissimo Tav-Terzo Valico che trasporterebbe milioni e
milioni di tonnellate di merci provenienti dalla Cina sino a Rotterdam,
unitamente a passeggeri che vanno e vengono dal Tirreno al mare del Nord, mentre
si è a rischio di rimetterci la pelle a trasportare con un’Ape un quintale di
verdure delle “bisagnine”, lungo la via Borgo Incrociati, sino ai mercatini
rionali di Genova?
Se lo farà o è un ingenuo,
o un rassegnato o un connivente.
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