«Stai zitta, cretina». E come sempre, le campagne contro la violenza esprimono violenza
Manca un giorno al 25 novembre, che è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne,
e ci risiamo: come ogni anno, siamo circondate da campagne che mostrano
volti e corpi femminili tumefatti, donne che strisciano a terra, che si
nascondono in un angolo buio, che si riparano col braccio, e altri
orrori del genere.
È talmente ovvio, che ormai dovrebbero saperlo tutti,
eppure – evidentemente – gli operatori sociali, le associazioni, le
istituzioni che si occupano di violenza contro le donne e i consulenti
che realizzano per loro queste campagne non l’hanno ancora capito.
Dunque lo ripeto: non si combatte la violenza con immagini che la esprimono. Né si fanno uscire le donne dal ruolo di vittime se si insiste a rappresentarle come vittime.
Di qui poi a dire in positivo come una campagna su questo tema dovrebbe essere, ne passa:
fare comunicazione sociale è difficilissimo, ben più difficile che fare
pubblicità commerciale. Ma i due «non» che ho appena detto sono fra le
poche certezze da cui partire. Eppure, ogni anno, nessuno li prende in
considerazione.
Prendo un solo esempio del 2011, la campagna di Intervita. Queste sono le affissioni in zona Milano e gli annunci stampa sui maggiori quotidiani in questi giorni (clic per ingrandire):
Cosa vedo? Il volto di una
bella ragazza con gli occhi chiari e la bocca attraversata da grossolani
punti di sutura, e una scritta che le dà della cretina e le ordina di
tacere.
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