COSA SI PUÓ FARE ?
É vero, ci sono mille problemi nel
mondo che riguardano intere popolazioni, milioni di bambini che muoiono di fame,
guerre devastanti, mancanze di cure adeguate a un terzo della popolazione
mondiale, ecc. ecc.
Ognuno di noi, a seconda
della sua sensibilità e possibilità, probabilmente darà il suo granellino
di sabbia-contributo per aiutare una o più associazioni
umanitarie.
Questa volta, però, non vi parlo di esseri
umani ma di animali che ritengo anch’essi parte
integrante del mondo in cui viviamo.
In passato mi è capitato ripetutamente di
recarmi a Frassineto ove esiste un Centro di cura per animali selvatici. Dopo
aver telefonato per avere consigli su come agire nell’immediatezza della
scoperta di un animale ferito o avvelenato, mi recavo alla cascina Belvedere con
una piccola scatola bucherellata per scarpe o con scatoloni di maggiori
dimensioni, a seconda del fatto che si trattasse di un
piccolo rondone caduto ai piedi della torre, di una tartaruga d’acqua con l’amo
in gola, di un rigogolo, di una civetta, di un gufo, di una ghiandaia, di un
airone, di un lodolaio, di un gheppio, o anche di una pojana.
Qui subito provvedevano alle prime cure e
intanto facevo il solito giretto nelle stanze riscaldate del Centro o intorno
alle grandi gabbie esterne ove erano ricoverate decine di animali, soprattutto
uccelli, che stavano ricuperando il vigore originario.
Qui mediamente venivano ospitati circa 400 animali selvatici all’anno, e una
metà circa sopravviveva, percentuale per niente bassa se pensate alle difficoltà
nel curare un’ala spezzata, o una situazione compromessa da avvelenamenti o da
fucilate.
Ho letto che questo Centro, voluto dal Parco del Po alessandrino,
a fine dicembre, a meno di svolte clamorose e ad oggi
non prevedibili, chiuderà i battenti.
Questa struttura da una ventina d’anni non
è solo un fiore all’occhiello dell’Ente Parco, ma una risorsa per tutto il
territorio. Il Centro, infatti, accoglie da sempre animali feriti in arrivo non
solo dalla province di Alessandria e Vercelli, ma anche
di Pavia e, occasionalmente, da altre province limitrofe.
“Si tratta – spiega Dario Zocco, direttore del Parco del Po – di un servizio pubblico
di elevata professionalità, che tra l’altro ha costi ridotti (intorno ai 35 mila euro all’anno), anche grazie al
fatto che, naturalmente, il personale del Parco ha sempre prestato la propria
opera senza un euro di costi aggiuntivi. Le risorse servono per l’affitto, le
attrezzature, la consulenza di una veterinaria libera professionista e il
supporto di due collaboratori presenti al Centro ogni giorno. Tutti con compensi
ridotti all’osso. Ma anche queste poche risorse non ci saranno più.”
Se fino al 2009 una quota dei costi
(comunque meno del 50%) è stata coperta con i contributi di Regione Piemonte,
Provincia di Alessandria e Provincia di Pavia, nel 2010 e nel 2011, nonostante
le Convenzioni non siano state sospese, il contributo
effettivo è stato pari a zero, e il Parco ha dovuto far fronte interamente con
fondi propri alle spese di mantenimento della struttura.
“Ma continuare diventa purtroppo
impossibile – conclude Zocco
– anche perché le nostre stesse risorse generali sono ormai appena sufficienti a
garantire la continuità delle spese ordinarie essenziali per assolvere alle
funzioni del Parco in termini accettabili”.
Così
sul Centro, il 31 dicembre, calerà la parola FINE.
Mi pare che le soluzioni potrebbero essere
queste:
- 1 Rispetto da parte degli Enti pubblici
degli accordi presi, nonostante le difficoltà del momento
- 2 Intervento di uno o più mecenati che
decida che gli animali hanno diritto anch’essi a un minimo di “Sanità” (esistono
tali mecenati?)
- 3 Contributo da parte di tutti i Comuni
facenti parte del territorio del Parco con una cifra pari a 10 centesimi per
abitante o 10 euro per km quadrato di territorio
- 4 Apertura di un conto corrente per
eventuali piccole donazioni da parte di privati.
Non vedo altre possibilità per impedire che
l’indifferenza o peggio il disprezzo per gli animali, che già dall’uomo devono
subire angherie di tutti i tipi, si manifesti anche sopprimendo questa piccola
ma significativa struttura.
Dimenticavo…
Il Comune di Castelnuovo è forse l’unico nel territorio che ha un
assessorato alla tutela degli animali e non solo sulla carta, ma con importanti
prese di posizione e iniziative assunte in passato.
Perché non partire da Castelnuovo Scrivia con qualcosa
di concreto per rispondere all’appello del Parco del Po che altrimenti
rischierebbe di sprofondare in un vuoto totale?
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