Peste suina, parte da Genova il ricorso al Tar contro il lockdown dei boschi: “Ordinanze sproporzionate”
Il ricorso, se accolto, costringerebbe i ministeri competenti a ridimensionare i divieti previsti dalle ordinanze
Genova. Parte da Genova il primo ricorso al Tar contro il lockdown dei boschi in 114 comuni tra Liguria e Piemonte: a predisporlo è l’avvocato amministrativista genovese Gerolamo Taccogna, a cui si è rivolto un gruppo di escursionisti, biker e semplici amanti delle passeggiate nei sentieri che, riuniti nel ‘coordinamento popolare Boschi per tutti’, aveva organizzato la manifestazione di sabato scorso davanti alla sede della Regione Liguria in piazza De Ferrari contro l’ordinanza che vieta qualsiasi attività all’aperto nel territorio di 36 Comuni liguri a causa della peste suina e dei timori che una diffusione del contagio possa arrivare a danneggiare gli allevamenti di maiali.
Il ricorso, che sarà depositato entro la prima settimana di marzo, avrà come obiettivo quello di contestare la proporzionalità delle misure adottate: “In base al principio di proporzionalità – spiega il legale – i provvedimenti di natura amministrativa possono limitare i diritti e le libertà dei cittadini solo nella misura in cui ciò risulti indispensabile per proteggere un interesse pubblico e il fatto che si chiudano tutti i sentieri quando è evidente a tutti che i cinghiali non solo stanno sull’asfalto delle alture ma in mezzo alla città rende questi provvedimenti quantomeno eccessivi”.
Uno dei elementi su cui punterà il ricorso riguarda l’ampiezza della zona interessata dai divieti, che comprende moltissimi Comuni dove non è stata mai trovata alcuna carcassa infetta (Sono 42 in totale le carcasse ritrovate di cui 20 in Liguria ma sempre nelle stesse zone), e il divieto totale di percorrere sentieri e perfino le strade sterrate.
Difficile pensare di chiedere l’annullamento tout court delle ordinanze: “Come avviene per ogni ricorso la strada è in salita – chiarisce l’avvocato – per cui ho consigliato un atteggiamento prudente perché smuovere le acque e ottenere un risultato anche parziale è molto meglio che aspettare di restare chiusi per i prossimi due anni”. In pratica l’obiettivo del ricorso non sarà quello di chiedere la cancellazione immediata della norma né una sospensiva, entrambi gli obiettivi difficilmente perseguibili a breve termine, bensì quello che viene definito un “remand”, vale a dire “un rinvio dell’ordinanza all’istituzione che l’ha prodotta affinché valuti misure più contenute e proporzionali alla situazione”. Per esempio appunto “una riduzione della zona infetta ma anche la possibilità di percorrere i sentieri rispettando determinate prescrizioni a cominciare dalla disinfezione delle scarpe” dice Taccogna.
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