MA CI CIACCIA IL PIACERE…!
Il
ministro dei banchieri, Mario Ciaccia
UNA GRANDE COLATA DI CEMENTO E LA CHIAMA CRESCITA
Il ministro montiano dei trasporti e delle
infrastrutture, Mario Ciaccia, ha prodotto un risibile (ma anche rivoltante)
fumetto in cui, come fece Berlusconi da Vespa, traccia linee e disegnini per
spiegarci cosa intende per crescita: 100 miliardi di euro in cemento e opere
inutili!
Costui
è uno dei tanti manager con cento incarichi, stipendi e indennità
stratosferiche e liquidazioni incredibili (avete visto Report ieri sera? No?
Avete commesso una grave colpa , anche perché non avete, con la vostra
attenzione, solidarizzato con la
Gabanelli che tutti i politici vogliono far tacere).
per di
più senza alcun merito per la comunità visto che si è occupato anche di Alitalia
o di rilancio del turismo nel Lazio.
Non so
quanto ora si metta in tasca, so solo (notificato ieri sera) che il suo
dipendente, quel Moretti che dirige le Ferrovie, ex CGIL trasporti ora a
servizio totale di chi governa, si becca di stipendio base 800.000 euro (2.200
euro per ogni giorno che compone l’anno) e che li riceve per quello schifo di
servizio che è la ferrovia italiana e per muoversi con la spocchia e arroganza
(ho avuto in passato due occasioni di “incontro” con lui) tipica dei nostri
uomini di potere.
Ma
ritorniamo alle ciance di Ciaccia, fedele braccio destro di Passera che
all’epoca della Banca Intesa creò per lui la “banca per le infrastrutture”
(Biis) con il compito di cementificare l’Italia e far pagare tutti i conti ai
contribuenti arricchendo i costruttori.
Al
Governo l’ha voluto Passera e Ciaccia ha una funzione precisa: essere il
braccio operativo del marchio Intesa San Paolo interessato alle grandi opere,
ossia strade, Tav, ponti, autostrade e centrali energetiche.
Sul “FATTO
QUOTIDIANO” del 18 ottobre è apparso un articolo esplicito.
Il cemento di Ciaccia: la fabbrica degli sprechi
Il grand’ufficiale Mario Ciaccia,
magistrato della Corte dei Conti prima, banchiere poi, ministro per le
Infrastrutture, non vende fumo. Ci crede. Vuole ridarci prosperità inondando
l’Italia di cemento costoso come l’oro, e riempiendo di debiti
le prossime generazioni, mentre il governo dei tecnici scortica le famiglie
italiane in nome della lotta al debito pubblico. E lo lasciano fare.
Con la complicità solerte del suo capo di sempre,
Corrado Passera, che creò per lui, dentro Intesa Sanpaolo, la Banca per le Infrastrutture,
Ciaccia sta attuando il suo piano. Ha esordito lo scorso gennaio annunciando
“un nuovo miracolo italiano”, senza che Passera facesse in tempo a dirgli
che era un po’ vecchia.
Adesso ha affidato alla rete un memorabile videomessaggio
di cinque minuti, in cui si fa cartone animato, e spiega i suoi piani “Il mio
mestiere è trovare soluzioni per il rilancio del Paese”.
La prima notizia è terrificante: la mancanza di
infrastrutture provoca il raddoppio dei nostri costi industriali,
ci avverte Ciaccia. Però entro il 2015 il governo attiverà 100 miliardi di euro
per le grandi opere “senza creare debito” (testuale). Il miracolo è così
descritto. Investiamo sui porti, così le navi-container provenienti da Suez, anziché
circumnavigare l’Europa per andare a Rotterdam e Amburgo, scaricheranno lungo
la penisola, dove avremo costruito le ferrovie per portare i container al
nord Europa. La fantasia del vice ministro non si ferma qui. Vuol catturare
anche i container diretti agli scali del Nordafrica, senza spiegare perché un
comandante dovrebbe attraccare a Napoli se la merce è diretta ad Algeri.
Ciaccia sogna di portare così in Italia 7 milioni
di container all’anno, un aumento del 70 per cento rispetto al
traffico attuale. Vuol trasformare il Belpaese in un gigantesco scalo
merci, attraversato senza motivo da container diretti altrove:
calcolatrice alla mano, ogni giorno si formerebbero treni merci per 230 chilometri di
lunghezza.
Ma che importa. Quando il governatore della Banca
d’Italia, Ignazio Visco, ha detto che per rilanciare l’economia
l’unica cosa è “un ampio progetto di manutenzione immobiliare e cura del
territorio contro il dissesto idrogeologico”, Ciaccia ha finto di non sentire.
A lui piace il cemento, quello che finanziava con la traballante Biis: il
bilancio 2011 della banca si è chiuso con quasi 500 milioni di perdita (causa
investimento in bond greci), e, appena se n’è andato , Intesa l’ha sciolta
nella divisione corporate.
Liberatosi degli angusti confini della banca, Ciaccia può
ora lietamente attingere alle casse dello Stato, “senza fare un euro di
debito”.
Il sistema è noto da almeno vent’anni. Ricordate l’alta velocità? Nel 1991 dissero che si
ripagava con il traffico, grazie al magico project financing. Inventore del
miracolo fu il superinquisito Ercole Incalza, oggi braccio destro di Ciaccia al
ministero, un virtuoso del settore.
La
Torino-Milano-Roma è stata pagata fino all’ultimo centesimo con
denaro pubblico, è costata il triplo del previsto e ha generato ben 90
miliardi di debito pubblico. Nove treni al giorno anziché i 220 previsti, non
un chilo di merce rispetto alle lunghe file di container dati per certi.
Ciaccia conosce bene la tecnica. Fino al giorno che lo
chiamarono al governo ripeteva che il Terzo valico, l’inutile alta velocità
Genova-Tortona, fiore all’occhiello della Biis, si finanziava con il traffico.
Una follia assecondata dalle Fs, il cui numero uno Mauro Moretti esegue in
silenzio ogni opera inutile impostagli dai politici, come la Torino-Lione. Il
primo atto di Ciaccia al governo è stato mettere il Terzo valico (sei
miliardi e trecento milioni di euro) tutto a carico dello Stato con debiti che
pagheremo per almeno quarant’anni.
Adesso il nostro eroe sta industrializzando la
produzione di debito pubblico.
Nell’ultimo “decreto sviluppo” ha introdotto una geniale
novità: chi costruisce un’infrastruttura avrà diritto a un credito d’imposta
fino al 50 per cento del valore dell’opera (cioè il contribuente pagherà fino
al 50 per cento del valore dell’opera) se sarà dimostrata “la non sostenibilità
del piano economico finanziario”. E se non bastasse, interverrebbe un
“contributo pubblico a fondo perduto”.
Nel sistema di Ciaccia, proponi di fare un’autostrada a tue
spese che si ripaga con il traffico, ma se dimostri che non ci passerà nessuno e
che quindi è stata un’opera inutile, allora pagherà il governo, con i soldi dei
nostri figli.
Non è uno scherzo, c’è scritto proprio così nella legge.
Pensate a quante
opere sbagliate o inutili sono state fatte e sono previste: una manna dal cielo
per gli affaristi, un’ulteriore sgranfignata dalle nostre tasche!
Ultima novità è l’autostrada Orte-Mestre,
la Nuova Romea,
10 miliardi di spesa per 400
chilometri. La fanno i privati. Ma se, com’è evidente,
non ci sarà mai abbastanza traffico da ripagare i 10 miliardi, niente paura,
pagherà lo Stato. E dove sta il rischio d’impresa? Semplice:
trasferito nelle tasche del contribuente, che però lo scoprirà solo tra
vent’anni.
Com’è capitato con la Tav spa di Incalza.
Nessun politico fiata: i costruttori hanno amici in ogni
partito.
(ndr. a onor del
vero ho ascoltato un comizio via internet di Grillo in Sicilia e ho constatato
che spiegava nei dettagli queste raggelanti decisioni governative).
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