I furbetti genovesi del terzo valico fanno festa Il Cipe ha sbloccato 1,2 miliardi per l’opera
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da Il Fatto Quotidiano del 22 dicembre 2011 articolo di Ferruccio Sansa
La somma si aggiunge ai 500 milioni già disponibili per il primo lotto: i cantieri possono partire, anche se per completare l'opera (intorno alla quale è nata una lobby potentissima) serviranno almeno 6, 2 miliardi
Evviva! Il Terzo Valico può partire. Il Cipe ha dato il via libera al finanziamento di 1,2 miliardi. E’ il secondo lotto, il più importante: la galleria. La somma si aggiunge ai 500 milioni già disponibili per il primo lotto. Insomma, si possono aprire i cantieri. Anche se per completare l’opera serviranno almeno 6, 2 miliardi. Se tutto va bene, cosa che in Italia non succede praticamente mai. A Genova è tutto un festeggiamento. Amministratori (di centrosinistra e di centro-destra), industriali, banche plaudono al progetto. A favore della grande opera infatti è nata una vera e propria lobby che comprende tutti. Difficile dissentire o semplicemente chiedere chiarimenti.
La parola d’ordine è: il Terzo Valico s’ha da fare. A cominciare da Luigi Grillo: “Incontrando il ministro Passera avevo sollecitato il finanziamento del secondo lotto costruttivo del Terzo Valico ferroviario. Oggi posso esprimere la mia grande soddisfazione”, ha dichiarato il potentissimo presidente della Commissione Lavori Pubblici del Senato (condannato in primo grado a 2 anni e 8 mesi per lo scandalo Antonveneta). Ma forse in tanti dimenticano che il senatore spezzino era stato indagato proprio in un’indagine sugli scavi pilota nella linea Tav Genova-Milano. Si parlò di truffa aggravata (cento miliardi di lire). Tra gli altri indagati l’allora amministratore delegato Tav, Ercole Incalza, poi Marcellino Gavio e il suo braccio destro Bruno Binasco. Finì con la prescrizione, Grillo e i coindagati furono tra i primissimi a beneficiare della “ex Cirielli”.
Ma è solo un tassello. Perché al di là degli aspetti tecnici e finanziari del progetto, sarebbe interessante analizzare che cosa ci sta dietro. Tanto per cominciare c’è il general contractor, cioè Cociv. Il consorzio è formato da Impregilo (Benetton, Ligresti, Gavio), dalla Condotte del gruppo Ferfina e dalla Civ. Tra gli azionisti anche la Biis. E qui ecco la seconda questione che a qualcuno fa stocere il naso: la banca per gli investimenti del gruppo Intesa era guidata fino a poche settimane fa da quel Mario Ciaccia che oggi da vice-ministro si trova a dare il via – a tempo di record – alla nuova infrastruttura. Ma a Genova tutto tace. Del resto a luglio nel capoluogo ligure andò in scena una manifestazione inedita: cinquecento persone sfilarono in giacca e cravatta per le strade del centro portando al Prefetto una lettera che chiedeva l’avvio dei lavori. In quella piccola folla c’erano i volti che da decenni guidano Genova: il sindaco Marta Vincenzi, il presidente della Regione, Claudio Burlando, poi i vertici della banca Carige (tra i soci Gavio, nel cda membri delle famiglie Scajola e Bonsignore, nonché Marco Simeon vicino a Tarcisio Bertone) e gli imprenditori che contano.
I resoconti di quel giorno non lasciano molto spazio alle voci fuori del coro. Eppure c’è chi, per dire, ha avanzato perplessità sulla nomina a commissario governativo per il Terzo Valico di Walter Lupi, all’epoca indagato e poi condannato a un anno in primo grado per l’utilizzo privato di un villino di proprietà del Demanio quando era Provveditore alle Opere Pubbliche della Lombardia e la Liguria. Era la persona più adatta per questo compito? Ma a Genova è difficile manifestare dubbi come questo. “Il Terzo Valico costa 6, 2 miliardi, cioè 115 milioni a chilometro, dieci volte più che in Spagna. Una spesa lievitata dell’ 800 per cento”, racconta Stefano Lenzi, responsabile relazioni istituzionali del Wwf. Non solo: c’è la preoccupazione per lo smaltimento delle sostanze estratte dalle montagne nella costruzione della galleria. E ci sono dubbi sulla reale utilità del progetto: l’opera infatti prevede la realizzazione di 53 chilometri di ferrovia, fino a Tortona.
Le previsioni di traffico per la linea tra Genova e Milano erano di 5 milioni di teu (l’unità di misura dei container) per il 2006, ma oggi siamo ancora a 1, 8 milioni. E la linea attuale ne regge 3 milioni. Infine il nodo della sicurezza ambientale: i materiali di scavo, 800 mila metri cubi, dovrebbero essere riversati nella discarica genovese di Scarpino già al collasso. E’ stato lo stesso Lupi ad avanzare dubbi: “Visto quello che è appena successo a Genova, mezzo metro di pioggia in quattro ore, credo che questa decisione vada rivista”. Una questione non secondaria. Non è, però, del tutto chiaro nemmeno se la linea sarà utilizzata per le sole merci o per il traffico passeggeri. Dubbi, tanti, che andrebbero chiariti prima di costruire.
La parola d’ordine è: il Terzo Valico s’ha da fare. A cominciare da Luigi Grillo: “Incontrando il ministro Passera avevo sollecitato il finanziamento del secondo lotto costruttivo del Terzo Valico ferroviario. Oggi posso esprimere la mia grande soddisfazione”, ha dichiarato il potentissimo presidente della Commissione Lavori Pubblici del Senato (condannato in primo grado a 2 anni e 8 mesi per lo scandalo Antonveneta). Ma forse in tanti dimenticano che il senatore spezzino era stato indagato proprio in un’indagine sugli scavi pilota nella linea Tav Genova-Milano. Si parlò di truffa aggravata (cento miliardi di lire). Tra gli altri indagati l’allora amministratore delegato Tav, Ercole Incalza, poi Marcellino Gavio e il suo braccio destro Bruno Binasco. Finì con la prescrizione, Grillo e i coindagati furono tra i primissimi a beneficiare della “ex Cirielli”.
Ma è solo un tassello. Perché al di là degli aspetti tecnici e finanziari del progetto, sarebbe interessante analizzare che cosa ci sta dietro. Tanto per cominciare c’è il general contractor, cioè Cociv. Il consorzio è formato da Impregilo (Benetton, Ligresti, Gavio), dalla Condotte del gruppo Ferfina e dalla Civ. Tra gli azionisti anche la Biis. E qui ecco la seconda questione che a qualcuno fa stocere il naso: la banca per gli investimenti del gruppo Intesa era guidata fino a poche settimane fa da quel Mario Ciaccia che oggi da vice-ministro si trova a dare il via – a tempo di record – alla nuova infrastruttura. Ma a Genova tutto tace. Del resto a luglio nel capoluogo ligure andò in scena una manifestazione inedita: cinquecento persone sfilarono in giacca e cravatta per le strade del centro portando al Prefetto una lettera che chiedeva l’avvio dei lavori. In quella piccola folla c’erano i volti che da decenni guidano Genova: il sindaco Marta Vincenzi, il presidente della Regione, Claudio Burlando, poi i vertici della banca Carige (tra i soci Gavio, nel cda membri delle famiglie Scajola e Bonsignore, nonché Marco Simeon vicino a Tarcisio Bertone) e gli imprenditori che contano.
I resoconti di quel giorno non lasciano molto spazio alle voci fuori del coro. Eppure c’è chi, per dire, ha avanzato perplessità sulla nomina a commissario governativo per il Terzo Valico di Walter Lupi, all’epoca indagato e poi condannato a un anno in primo grado per l’utilizzo privato di un villino di proprietà del Demanio quando era Provveditore alle Opere Pubbliche della Lombardia e la Liguria. Era la persona più adatta per questo compito? Ma a Genova è difficile manifestare dubbi come questo. “Il Terzo Valico costa 6, 2 miliardi, cioè 115 milioni a chilometro, dieci volte più che in Spagna. Una spesa lievitata dell’ 800 per cento”, racconta Stefano Lenzi, responsabile relazioni istituzionali del Wwf. Non solo: c’è la preoccupazione per lo smaltimento delle sostanze estratte dalle montagne nella costruzione della galleria. E ci sono dubbi sulla reale utilità del progetto: l’opera infatti prevede la realizzazione di 53 chilometri di ferrovia, fino a Tortona.
Le previsioni di traffico per la linea tra Genova e Milano erano di 5 milioni di teu (l’unità di misura dei container) per il 2006, ma oggi siamo ancora a 1, 8 milioni. E la linea attuale ne regge 3 milioni. Infine il nodo della sicurezza ambientale: i materiali di scavo, 800 mila metri cubi, dovrebbero essere riversati nella discarica genovese di Scarpino già al collasso. E’ stato lo stesso Lupi ad avanzare dubbi: “Visto quello che è appena successo a Genova, mezzo metro di pioggia in quattro ore, credo che questa decisione vada rivista”. Una questione non secondaria. Non è, però, del tutto chiaro nemmeno se la linea sarà utilizzata per le sole merci o per il traffico passeggeri. Dubbi, tanti, che andrebbero chiariti prima di costruire.
Tre cosette mie in rapida aggiunta a questo articolo
1- I container che viaggiano su treno verso la pianura padana rappresentano solo il 3,5% della cifra complessiva annuale di 1.800.000 il che fa
54.000 a fronte di una disponibilità attuale di 3 milioni che diventano 5 milioni se si interviene sulla linea esistente Voltri - Alessandria
2 - Durante gli interrogatori di Mani pulite nel 1992-93 Lodigiani affermò che era già stato pagato il 4% in tangenti da parte delle ditte a cui erano stati i assegnati senza appalto i lavori, il che vorrebbe dire per la MI-GE 120 miliardi di lire
3 - Coloro che sostengono questa opera non hanno alcun titolo per pontificare (ma molti per gioire). Sono personaggi inquisiti come Grillo o Lupi, bugiardi dichiarati come i banchieri e imprenditori di Genova che affermavano spudoratamente che la nuova ferrovia avrebbe comportato crescita nelle valutazioni degli immobili e affari per tutti, ipocriti come coloro che fanno finta di dimenticare che quest'opera non ha alla base alcun appalto ma solo grosse falsità quali
a) pagheranno il 60% gli stessi costruttori;
b) viaggeranno fra vent'anni (ora 2011) 5 milioni di container sulla ferrovia verso Rotterdam;
c) 50.000 saranno gli utenti giornalieri sul tratto unico Genova-Milano.
Primi commenti apparsi sul sito del Fatto quotidiano dopo l'uscita dell'articolo di oggi in merito al Terzo Valico :
- Ecco un bel motivo per evadere le tasse. Io devo pagarle perchè vengano a distruggermi la valle, a chiudermi le fonti d'acqua ecc... che inizino i lavori ??|,
Per caso la Impregilo è quella società che spesso e volentieri subappalta lavori alle "solite" ditte legate alla criminalità organizzata?
-Per caso il "solito" lievitamento spropositato dei costi dei lavori è dovuto al "solito" traffico di tangenti ?
Per caso parteciperà ai lavori la "solita" Eco-Ge dei F.lli Mamone, organici al clan dei Mammoliti?
- La TAV per la Francia, la varante di valico, ennesimo spreco di miliardi e miliardi, ennesimo caso di costi lievitati parecchie volte. Possibile che solo perchè ci mangiano (e bene) al Nord non ci siano gli appelli degli ambientalisti? Per il Ponte sullo stretto con costi similari e utilità ben maggiore si sono mossi dal Nord ambientalisti, politici di sinistra, giornali, ora abbiamo capito perchè. I soldi andavano dirottati nel buco nero della corruzione del Nord.
-Per caso il "solito" lievitamento spropositato dei costi dei lavori è dovuto al "solito" traffico di tangenti ?
Per caso parteciperà ai lavori la "solita" Eco-Ge dei F.lli Mamone, organici al clan dei Mammoliti?
- La TAV per la Francia, la varante di valico, ennesimo spreco di miliardi e miliardi, ennesimo caso di costi lievitati parecchie volte. Possibile che solo perchè ci mangiano (e bene) al Nord non ci siano gli appelli degli ambientalisti? Per il Ponte sullo stretto con costi similari e utilità ben maggiore si sono mossi dal Nord ambientalisti, politici di sinistra, giornali, ora abbiamo capito perchè. I soldi andavano dirottati nel buco nero della corruzione del Nord.
Sta gente va avanti a muso duro con idee anacronistiche, che avrebbero raccolto consensi nel 1971 non certo quarant'anni dopo: cemento, strade e ferrovie come se piovesse non li vuole più nessuno.
Eppure proseguono stoicamente sventolando a mo di vessillo stime di crescita compilate da altri illusi, secondo i quali il futuro ha sempre un + davanti ogni dato previsionale vaneggiando aumenti esponenziali di merci senza minimamente ventilare l'ipotesi di un andamento negativo.
- Complimenti Monti recuperi soldi sulle nostre pensioni per poi regalarli a questi delinquenti con il colletto bianco, dovresti solo vergognarti! E la Fornero vorrei proprio sapere se se l'è fatta una frignata dopo questa notizia!
Eppure proseguono stoicamente sventolando a mo di vessillo stime di crescita compilate da altri illusi, secondo i quali il futuro ha sempre un + davanti ogni dato previsionale vaneggiando aumenti esponenziali di merci senza minimamente ventilare l'ipotesi di un andamento negativo.
- Complimenti Monti recuperi soldi sulle nostre pensioni per poi regalarli a questi delinquenti con il colletto bianco, dovresti solo vergognarti! E la Fornero vorrei proprio sapere se se l'è fatta una frignata dopo questa notizia!
La solita infrastruttura all'italiana : costosa, dispendiosa, nociva ed inutile. Ciò è dimostrato dal sostegno bipartisan all'iniziativa. Il Pd a livello locale dorme più di quello parlamentare (TAV ecc ecc).
e la magistratura che fa?
sparita?
sparita?
Incalza, il vero intoccabile dell’alta velocità
Se volete approfondire la storia personale di Ercole Incalza, definito da Pacini Battaglia (grande esperto in materia) come colui che gestiva il sottobosco e le assegnazioni di grandi appalti, con collegamenti mafiosi, andatevi a leggere il libro Corruzione ad Alta Velocità di Ferdinando Imposimato, giudice e parlamentare della Commissione antimafia. Mi limito ora a riprendere dall’articolo odierno apparso sul Fatto quotidiano
Il suo avvocato, Titta Madia, lo considera un campione di slalom processuale: “Per lui ci sono stati 14 proscioglimenti e mai una condanna. Un vero e proprio recordman”, ha detto con orgoglio. È vero che alcuni decisivi proscioglimenti sono stati per prescrizione (ad esempio per la corruzione e truffa aggravata nei confronti dello Stato per la questione dei fori pilota del Terzo Valico), e che tra le prescrizioni c’è anche quella nel processo in cui era accusato di aver fatto arrivare soldi al magistrato per agevolare l’archiviazione. Ma il vero record di Ercole Incalza, 67 enne ingegnere di Brindisi, non va rintracciato nei quindici anni di performance giudiziarie, quanto nell’essere il più intoccabile degli intoccabili. Il suo potere sui grandi cantieri dell’alta velocità si conserva intatto dagli anni ‘ 80, quando fu portato al vertice del ministero dei Trasporti dallo storico leader della “sinistra ferroviaria” il socialista Claudio Signorile. Dopo 25 anni, Incalza figura ancora nei ranghi del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti come capo della Struttura tecnica di missione, in pratica il braccio destro del ministro Corrado Passera e del viceministro Mario Ciaccia, che vogliono dare impulso ai nuovi cantieri ferroviari come già facevano ai dai vertici della banca Intesa Sanpaolo.
Dire Incalza e dire alta velocità è la stessa cosa. Nel 1991, quando fu fondata la Tav, controllata Fs per la realizzazione delle nuove linee veloci, lasciò il ministero per diventarne amministratore delegato. Accanto a Lorenzo Necci, fu l’artefice dell’affidamento senza gara ai tre “general contractor” (Iri, Eni e Fiat) del gigantesco appalto. Sosteneva di aver trovato il sistema di far costruire tutto con il “contratto chiavi in mano”, a prezzo bloccato, e senza possibilità di contenzioso. “Hanno avuto tutto il tempo per compiere rilevamenti e studi: se poi li hanno sbagliati, che siano loro a pagare”, diceva dei costruttori nel 1992. Il costo dell’alta velocità, dai 30 mila miliardi di lire iniziali, è cresciuto solo fino a 180 mila: sei volte.
Nel maggio 1993, quando i principali costruttori italiani erano in galera a causa dell’inchiesta Mani Pulite, Incalza dichiarava risoluto a la Repubblica: “A quanto ci risulta, fino ad oggi, per quanto riguarda l’alta velocità solo Papi (per Cogefar-Impresit) e cooperative avrebbero ammesso di aver pagato tangenti. Queste imprese usciranno dal novero delle aziende impegnate con noi”. Due imprecisioni in una sola frase. La prima è che dalla Cogefar-Impresit è nata l’Impregilo che non ha mai smesso di fare il bello e il cattivo tempo nell’alta velocità. La seconda è che negli stessi giorni stava partendo a Roma un’inchiesta sul grande affare Tav, proprio a carico di Incalza.
Il quale, a fine ‘ 96, travolto da un’altra inchiesta, quella della procura della Spezia che portò in carcere Necci, si dimise dalla Tav, e rimase con due inchieste da fronteggiare. Il sostituto procuratore di Roma Giorgio Castellucci, che indagava Incalza per abuso d’ufficio, si distinse per ripetute richieste di archiviazione puntualmente respinte dai Gip. Fino a che i magistrati di Perugia lo arrestarono il 7 febbraio 1998, accusandolo di essersi fatto corrompere insieme all’altro magistrato romano Renato Squillante. Lo stesso giorno furono arrestati anche i presunti corruttori: Necci, Incalza e Chicchi Pacini Battaglia. Secondo le accuse dei pm, per tenersi buoni Castellucci e Squillante, avevano dato congrue consulenze a tre avvocati vicini ai due magistrati romani, L’inchiesta proseguì faticosamente, in parallelo con una terza, quella genovese per i lavori preparatori proprio del Terzo valico, in cui Incalza venne coinvolto nel 1996. Mentre l’avvocato Madia gestisce l’intricata matassa processuale, il potente ingegnere riprende a tessere la tela del suo potere al ministero delle Infrastrutture. Eccolo di nuovo in sella nel 2001, a fianco del nuovo ministro berlusconiano Pietro Lunardi, in prima linea con la sua Rocksoil nella realizzazione delle gallerie dell’alta velocità: il fornitore di Incalza chiama il manager sotto processo a capo della segreteria tecnica del dicastero.
E dove non arriva la bravura degli avvocati ci pensa la legge Cirielli. Il 6 febbraio 2006 arriva la prescrizione per il processo di Genova, che così salva, oltre a Incalza, anche il manager del gruppo Gavio Bruno Binasco (già protagonista di Mani pulite, oggi di nuovo alla ribalta come indagato nel caso Penati), ancora impegnato nel Terzo valico.
Meno di un anno dopo, nel gennaio 2007, la prescrizione chiude anche il processo di Perugia per corruzione in atti giudiziari, e insieme a Incalza si trovano prosciolti i magistrati Castellucci e Squillante.
Nel maggio 2010 i magistrati che indagano sulla Cricca scoprono che il famoso architetto Angelo Zampolini, quello che pagò la casa di Scajola all’insaputa del beneficiario, nel 2004 aveva contribuito con 520 mila euro in nero all’acquisto di un appartamento da parte del genero di Incalza, Alberto Donati. Incalza non fa una piega. Si dichiara estraneo ai fatti e consegna ad Altero Matteoli, successore di Lunardi, una lettera di dimissioni. Matteoli comunica la sua decisione: “Ci ho parlato, ho respinto le dimissioni, resta là”.
Dire Incalza e dire alta velocità è la stessa cosa. Nel 1991, quando fu fondata la Tav, controllata Fs per la realizzazione delle nuove linee veloci, lasciò il ministero per diventarne amministratore delegato. Accanto a Lorenzo Necci, fu l’artefice dell’affidamento senza gara ai tre “general contractor” (Iri, Eni e Fiat) del gigantesco appalto. Sosteneva di aver trovato il sistema di far costruire tutto con il “contratto chiavi in mano”, a prezzo bloccato, e senza possibilità di contenzioso. “Hanno avuto tutto il tempo per compiere rilevamenti e studi: se poi li hanno sbagliati, che siano loro a pagare”, diceva dei costruttori nel 1992. Il costo dell’alta velocità, dai 30 mila miliardi di lire iniziali, è cresciuto solo fino a 180 mila: sei volte.
Nel maggio 1993, quando i principali costruttori italiani erano in galera a causa dell’inchiesta Mani Pulite, Incalza dichiarava risoluto a la Repubblica: “A quanto ci risulta, fino ad oggi, per quanto riguarda l’alta velocità solo Papi (per Cogefar-Impresit) e cooperative avrebbero ammesso di aver pagato tangenti. Queste imprese usciranno dal novero delle aziende impegnate con noi”. Due imprecisioni in una sola frase. La prima è che dalla Cogefar-Impresit è nata l’Impregilo che non ha mai smesso di fare il bello e il cattivo tempo nell’alta velocità. La seconda è che negli stessi giorni stava partendo a Roma un’inchiesta sul grande affare Tav, proprio a carico di Incalza.
Il quale, a fine ‘ 96, travolto da un’altra inchiesta, quella della procura della Spezia che portò in carcere Necci, si dimise dalla Tav, e rimase con due inchieste da fronteggiare. Il sostituto procuratore di Roma Giorgio Castellucci, che indagava Incalza per abuso d’ufficio, si distinse per ripetute richieste di archiviazione puntualmente respinte dai Gip. Fino a che i magistrati di Perugia lo arrestarono il 7 febbraio 1998, accusandolo di essersi fatto corrompere insieme all’altro magistrato romano Renato Squillante. Lo stesso giorno furono arrestati anche i presunti corruttori: Necci, Incalza e Chicchi Pacini Battaglia. Secondo le accuse dei pm, per tenersi buoni Castellucci e Squillante, avevano dato congrue consulenze a tre avvocati vicini ai due magistrati romani, L’inchiesta proseguì faticosamente, in parallelo con una terza, quella genovese per i lavori preparatori proprio del Terzo valico, in cui Incalza venne coinvolto nel 1996. Mentre l’avvocato Madia gestisce l’intricata matassa processuale, il potente ingegnere riprende a tessere la tela del suo potere al ministero delle Infrastrutture. Eccolo di nuovo in sella nel 2001, a fianco del nuovo ministro berlusconiano Pietro Lunardi, in prima linea con la sua Rocksoil nella realizzazione delle gallerie dell’alta velocità: il fornitore di Incalza chiama il manager sotto processo a capo della segreteria tecnica del dicastero.
E dove non arriva la bravura degli avvocati ci pensa la legge Cirielli. Il 6 febbraio 2006 arriva la prescrizione per il processo di Genova, che così salva, oltre a Incalza, anche il manager del gruppo Gavio Bruno Binasco (già protagonista di Mani pulite, oggi di nuovo alla ribalta come indagato nel caso Penati), ancora impegnato nel Terzo valico.
Meno di un anno dopo, nel gennaio 2007, la prescrizione chiude anche il processo di Perugia per corruzione in atti giudiziari, e insieme a Incalza si trovano prosciolti i magistrati Castellucci e Squillante.
Nel maggio 2010 i magistrati che indagano sulla Cricca scoprono che il famoso architetto Angelo Zampolini, quello che pagò la casa di Scajola all’insaputa del beneficiario, nel 2004 aveva contribuito con 520 mila euro in nero all’acquisto di un appartamento da parte del genero di Incalza, Alberto Donati. Incalza non fa una piega. Si dichiara estraneo ai fatti e consegna ad Altero Matteoli, successore di Lunardi, una lettera di dimissioni. Matteoli comunica la sua decisione: “Ci ho parlato, ho respinto le dimissioni, resta là”.
Così Passera e Ciaccia ce l’hanno trovato, e sono contenti: con uno così le grandi opere, per inutili che siano, vanno col turbo.
Il Fatto Quotidiano, 22 dicembre 2011
Il Fatto Quotidiano, 22 dicembre 2011
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