La nuova terra dei fuochi? Ce l'abbiamo sotto i piedi
Abbiamo poco da invidiare alla "terra dei fuochi" campana. Anche in
provincia di Alessandria ci sono decine di siti inquinati, di discariche
abusive, di campi in cui sono stati sotterrati, senza controllo bidoni
contenenti sostanze nocive per l'uomo e per l'ambiente
CRONACA - Serravalle Scrivia (AL), 1983: la ditta Ecolibarna si occupa di raccolta e smaltimento di rifiuti speciali e tossico-nocivi su un’area che dal 1940 vedeva l’attività della ditta Gastaldi Oli Lubrificanti, una raffineria che trattava melme e fanghiglie acide.
Nel 1985 si comincia a sospettare che in quell’area, nella quale passa il rio Negraro, ci sia qualcosa che non va. Nel giro di una notte, là dove c’era un campo compare una collina. La direzione dell’azienda emette una nota in cui precisa che nell’area «si svolge un’attività senza rischi né per l’ambiente, né tanto meno per i dipendenti». Poco tempo prima la Regione Piemonte e il Comune con una ordinanza avevano sospeso l’autorizzazione a procedere della ditta, ma un ricorso al Tar l’aveva annullata. Un meccanismo comune in questi casi.
Sempre nell’ottobre del 1985 una autobotte scarica nel torrente Bona, nella bassa vercellese, 4 mila litri di solvente partiti da Ecolibarna, provocando la morte di migliaia di pesci.
Pochi mesi dopo, almeno 2500 fusti partono dall’Ecolibarna per finire sotterrati a Capriata, in località Pedaggera, in una cava per il prelievo di ghiaia. La direzione dell’Ecolibarna fa sapere che i fusti gli sono stati “sottratti” di nascosto da un autotrasportatore, e chiede i danni. Nel 1986 a Carbonara, a 50 metri dalla Scrivia, vengono ritrovati altre migliaia di fusti interrati. Ancora un volta, partiti da Ecolibarna.
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CRONACA - Serravalle Scrivia (AL), 1983: la ditta Ecolibarna si occupa di raccolta e smaltimento di rifiuti speciali e tossico-nocivi su un’area che dal 1940 vedeva l’attività della ditta Gastaldi Oli Lubrificanti, una raffineria che trattava melme e fanghiglie acide.
Nel 1985 si comincia a sospettare che in quell’area, nella quale passa il rio Negraro, ci sia qualcosa che non va. Nel giro di una notte, là dove c’era un campo compare una collina. La direzione dell’azienda emette una nota in cui precisa che nell’area «si svolge un’attività senza rischi né per l’ambiente, né tanto meno per i dipendenti». Poco tempo prima la Regione Piemonte e il Comune con una ordinanza avevano sospeso l’autorizzazione a procedere della ditta, ma un ricorso al Tar l’aveva annullata. Un meccanismo comune in questi casi.
Sempre nell’ottobre del 1985 una autobotte scarica nel torrente Bona, nella bassa vercellese, 4 mila litri di solvente partiti da Ecolibarna, provocando la morte di migliaia di pesci.
Pochi mesi dopo, almeno 2500 fusti partono dall’Ecolibarna per finire sotterrati a Capriata, in località Pedaggera, in una cava per il prelievo di ghiaia. La direzione dell’Ecolibarna fa sapere che i fusti gli sono stati “sottratti” di nascosto da un autotrasportatore, e chiede i danni. Nel 1986 a Carbonara, a 50 metri dalla Scrivia, vengono ritrovati altre migliaia di fusti interrati. Ancora un volta, partiti da Ecolibarna.
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